Brutte nuove per quanto riguarda il fronte imposte: starebbe sul punto di diventare realtà una nuova tassa che andrebbe a colpire in tantissimi.
A partire da gennaio 2025, molti utenti italiani di internet potrebbero trovarsi a fronteggiare un aumento delle bollette a causa di una nuova tassa del 10% proposta per i provider di servizi internet. Questa iniziativa, sollevata da un emendamento del deputato di Fratelli d’Italia Fabio Carmine Raimondo, ha suscitato un acceso dibattito, in quanto colpisce principalmente coloro che utilizzano una specifica tipologia di connessione al web.
L’emendamento, presentato il 15 novembre, mira a incentivare la transizione verso la fibra ottica, una tecnologia considerata fondamentale per modernizzare la rete nazionale e migliorare la qualità dei servizi internet. Secondo i promotori della norma, i proventi derivanti da questa tassa dovrebbero alimentare un fondo destinato a sostenere i costi di migrazione verso la banda ultralarga, spingendo così verso una dismissione definitiva delle reti in rame.
La tassa del 10% in più, qualora dovesse passare, andrebbe a colpire le connessioni basate su rete in rame, inclusa la tradizionale ADSL. L’associazione dei provider internet, AIIP, ha già espresso il proprio dissenso, definendo l’iniziativa «irragionevole» e sottolineando che non considera le difficoltà strutturali e la mancanza di personale specializzato nel settore.
Nonostante l’intento di promuovere la fibra, la realtà delle connessioni internet in Italia non è così rosea. Secondo i dati dell’AGCOM, una fetta significativa degli utenti italiani è ancora legata a tecnologie obsolete basate su rame. Solo il 20% delle connessioni è rappresentato da FTTH (Fiber to the Home), mentre un 9,6% utilizza la tecnologia FWA (Fixed Wireless Access); in totale, meno del 30% delle connessioni non utilizza il rame.
Di conseguenza, il 70% degli utenti, suddivisi tra FTTC (Fiber to the Cabinet) e ADSL, rischia di vedersi applicata la nuova tassa, aumentando così il costo della propria connessione. Questo potrebbe generare malcontento tra gli utenti, che si troverebbero a dover pagare di più per un servizio che potrebbe non migliorare immediatamente.
E questo provvedimento, che sulla carta sembra comunque utile per favorire la transizione verso più moderne tecnologie, alla fine rischia di portare ad un effetto boomerang. E di passare come l’ennesimo modo per fare soldi facili ai danni dei cittadini, esattamente come avviene secondo la percezione attuale della gente nei confronti di imposte come il bollo auto e le multe all’autovelox a 57 km/h.
L’emendamento di Raimondo ha sollevato interrogativi tra i provider e non solo. Sono tanti pure gli utenti e gli esperti del settore che si sono espressi in maniera negativa alla “tassa sul rame”. La carenza di manodopera specializzata è un problema noto, che ostacola la realizzazione di infrastrutture necessarie per l’implementazione della fibra ottica.
E nonostante gli obiettivi dell’Unione Europea, che prevede la disponibilità della banda ultralarga per tutti entro il 2030, i progressi sono lenti e la data sembra ancora lontana. L’Agcom ha avviato un processo di dismissione delle reti in rame, previsto per il 2028, ma la transizione effettiva verso la fibra ottica richiede tempo e investimenti significativi.
E ci sono dei più che comprensibili dubbi sull’efficacia di una tassa che sembra essere stata concepita senza pensare alle conseguenze del caso. E che potrebbe risultare più un peso per gli utenti che un incentivo per la modernizzazione della rete.
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