Dopo settimane di incertezze arriva la decisione dell’INPS di applicare alcuni tagli sulle pensioni del 2025: le cause della riduzione dell’assegno.
Da settimane si ipotizzava il taglio delle pensioni e alla fine l’INPS ha dato conferma della riduzione che spetterà nel 2025 ad alcune categorie. Dunque, il prossimo anno scatterà una riduzione della pensione, almeno in alcuni casi specifici e per alcune categorie di pensionati. Per tutti gli altri, invece, a partire da gennaio si assisterà a un leggero aumento per via dell’effetto della rivalutazione.
Se le pensioni, in linea generale, subiranno un aumento per adeguarsi al costo della vita, alcune categorie, al contrario, saranno sfavorite, e percepiranno meno soldi sull’assegno. Questa condizione avviene per via della perdita delle maggiorazioni sociali, ma anche per via della riduzione della pensione di reversibilità. In più, entra in scena l’ipotesi di pignoramento dell’assegno. Vediamo tutti i casi.
Riduzione dell’assegno per alcune categorie di pensionati: cosa accadrà nel 2025
Dal 2009 le pensioni di vecchiaia, quindi anche la pensione anticipata, sono cumulabili interamente con i redditi da lavoro autonomo e dipendente. Quindi non si rischia più una riduzione della pensione per chi inizia a lavorare, come poteva avvenire una tempo. Tuttavia, ci sono delle eccezioni, che possono comportare il taglio dell’assegno per un’attività lavorativa.
Restano dei limiti per le pensioni di invalidità e gli assegni di invalidità superiori al trattamento minimo, erogato con meno di 40 anni di contributi. Per le pensioni di invalidità e l’assegno di invalidità con importo superiore al trattamento minimo e con meno di 40 anni di contributi, con decorrenza a partire dal 1 gennaio 1995, e per le pensioni di anzianità erogate per i lavoratori che abbiamo trasformato il lavoro da tempo pieno a tempo parziale.
Il trattamento minimo, previsto per il prossimo anno, per effetto della rivalutazione sale fino a 603,39 euro. La trattenuta giornaliera è pari al 50% della quota che supera il trattamento minimo per i lavoratori dipendenti, e del 30% per i lavoratori autonomi. Stessa cosa per gli iscritti alla Gestione Dipendenti Pubblici, per i quali il cumulo con redditi da lavoro è consentito al 70% per gli autonomi e del 50% per i subordinati.
Le categorie che si vedranno ridurre l’importo sulla pensione
Alcune prestazioni, inoltre, non sono cumulabili, ciò vale per chi usufruisce della Quota 41 e della Quota 103, dove l’avvio di un’attività lavorativa comporta la sospensione dell’assegno, e la sua erogazione riprenderà solo dopo il termine del periodo di anticipo, a partire quindi dal compimento dei 67 anni di età. L’avvio di un’attività lavorativa, inoltre, può comportare la riduzione della pensione di reversibilità.
In tal caso, la pensione viene ridotta del 25% per chi percepisce tra i 23.532 euro e i 31.376 euro (3/4 volte il trattamento minimo), del 40% per chi percepisce tra i 31.376 e i 39.220 euro (4/5 volte il trattamento minimo), e una decurtazione del 50% per le soglie superiori. L’avvio di un’attività lavorativa potrebbe comportare una perdita di maggiorazioni sociali.
Infine, si può assistere al pignoramento della pensione per i pensionati che abbiano contratto debiti, rispettando comunque dei limiti. Per permettere alla persona di sopravvivere, si deve garantire un importo pari a 2 volte l’assegno sociale. Aggiornato al 2025, tale importo è di 1.77,36 euro. Tutte le somme che eccedono vengono pignorate all’80%. Cambiano i coefficienti di trasformazione: pensioni più basse nel 2025.