Il Governo ha inserito nella Legge di Bilancio del prossimo anno l’anticipo pensionistico; una proroga all’Ape sociale e a tutte le limitazioni che la riguardano.
La Legge di Bilancio per il 2025, dopo l’approvazione in Consiglio dei Ministri, è ora alle Camere e relative commissioni per lo studio e l’approvazione finale. Un iter che si prospetta ancora lungo, considerando i tantissimi emendamenti presentati da opposizioni e forze di governo, ma al vaglio della Finanziaria anche la proroga all’Ape sociale.
L’Ape sociale è una delle modalità di pensionamento alternative a quelle classiche più utilizzate negli ultimi anni, anche per questo il piano viene prorogato di anno in anno dalle Legge di Bilancio dei diversi governi. Non risulta, quindi, una novità la decisione del governo Meloni di riproporre anche nel 2025 la possibilità di andare in pensione a 63 anni e 5 mesi di età e 30 anni di contributi versati.
Un range ben preciso che intanto delinea quali sono i cittadini che possono richiedere il pensionamento anticipato. Insieme all’Ape sociale tornano però anche tutte le limitazioni che la riguardano e che di fatto rendono questa alternativa più come una specie di ammortizzatore sociale.
L’Ape sociale, si anticipava, non può essere considerata una vera e propria misura previdenziale ma più un prestazione assistenziale; di fatto è rivolta a tutti i soggetti fragili e li accompagna alla pensione di vecchiaia, quella dei 67 anni per intenderci, garantendo un reddito ponte. Per questo si tratta di una “pensione” caratterizzata da una serie di limitazioni che sono state tutte confermate anche per il 2025.
Cosa significa questo? Che chi dal prossimo anno, a 63 anni e 5 mesi richiederà l’accesso all’Ape, non godrà di maggiorazioni, integrazioni al trattamento minimo, trattamenti di famiglia così come tredicesima mensilità ed eventuale reversibilità.
Inoltre la pensione di Ape sociale non potrà superare i 1.500 euro al mese e siccome non si tiene conto per questa misura del tasso di inflazione, la somma resterà sempre la stessa per tutti gli anni che sarà versata e cioè appunto fino ai 67 anni quando scatterà la pensione di vecchiaia.
Altra regola ferrea è che chi percepisce l’Ape sociale non può arrotondare la pensione tornando a lavoro, né da dipendente né da autonomo; vige, infatti, la regola per cui vi è il divieto del cumulo dei redditi per la pensione da Ape e i redditi da lavoro, l’unica eccezione è il lavoro autonomo occasionale che comunque non deve superare i 5mila euro di reddito l’anno.
Restano invariati anche questi parametri, per cui oltre al limite dell’età, l’Ape spetta a disoccupati, invalidi o caregiver. Sono contemplati ancora anche i dipendenti di lavori gravosi, ma in questo caso servono 36 anni di contributi.
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