La Regione Lazio ha deciso di stanziare 350.000 euro per il reinserimento sociale dei detenuti, ecco il progetto e il suo funzionamento.
La missione delle carceri dovrebbe essere quella di correggere un comportamento nocivo, e non solo quella di punirlo. Proprio per questo, la Regione Lazio ha deciso di stanziare 350.000 euro per reinserire i detenuti nella società, attraverso percorsi di formazione, istruzione e arte. Ecco di cosa si tratta.
Reinserimento sociale dei detenuti
In una società ideale, chi sbaglia viene punito, capisce il proprio errore e successivamente si reintegra tra gli altri, senza nessun rischio per questi ultimi né per la comunità nel suo insieme. Nella realtà dei fatti, questo accade raramente, e se da un lato è vero che non tutti i detenuti vogliono reintegrarsi, dall’altro è altrettanto vero che molti non ne hanno la possibiltà. Proprio per dare a tutti coloro che hanno intenzione di reinserirsi nella società, una volta scontata la propria pena, la Regione Lazio ha deciso di stanziare ben 350.000 euro. La proposta viene dall’assessore Luisa Regimenti, e punta tutto sulla formazione.
In particolare, questi fondi si useranno per migliorare le condizioni di vita generiche nelle carceri, e per incentivare tra i detenuti l’istruzione e la formazione. Sarà garantito loro, grazie a questi fondi, il diritto allo studio, che può, auspicabilmente, ridurre il numero delle recidive e contribuire a reinserire i detenuti nella società con piena soddisfazione di tutti. Inoltre, una parte dei fondi andrà anche in favore dei servizi previdenziali e socio-assistenziali.
Un progetto per il futuro
Questo è un programma certamente ambizioso, e che probabilmente in alcuni casi non porterà a nulla, ma se può portare anche solo un detenuto ad una reale prospettiva di reinserimento nella società, è più che benvenuto. Per i detenuti ci saranno attività di arteterapia e percorsi volti a sviluppare le capacità artistiche e creative, percorsi universitari all’interno delle carceri, che permetteranno a moltissime persone di studiare e ottenere un titolo di studio certificato e riconosciuto.
Secondo la Regimenti, il sovraffollamento delle carceri si combatte anche così, e non si può darle torto. Come dice lei stessa, “grazie a queste risorse vogliamo offrire una prospettiva di riscatto attraverso attività alternative come lo studio, la formazione, il lavoro, l’arte, che possano consentire al detenuto di aspirare ad una nuova vita una volta scontata la pena”. Inoltre, aggiunge ancora Regimenti, “migliorare la condizione delle persone recluse significa anche migliorare la qualità della vita di tutti gli operatori che lavorano nel carcere”.