Che cosa si intende esattamente con il termine “dimissioni in bianco” e in quali situazioni questa pratica può trasformarsi in un serio problema per i lavoratori?
Le dimissioni in bianco sono una pratica scorretta in ambito lavorativo, che consiste nel far firmare al dipendente una lettera di dimissioni priva di data già al momento dell’assunzione. Il datore di lavoro può poi completare la lettera in un secondo momento, inserendo una data a sua scelta per interrompere il contratto senza dover procedere con un licenziamento ufficiale. In questo modo, l’azienda può evitare le complessità di una procedura formale, mentre il lavoratore perde il diritto a ricevere l’indennità di disoccupazione (NASpI).
Questa tattica abusiva è stata usata nel tempo per mantenere un controllo ingiusto sui dipendenti, privandoli di sicurezza lavorativa. Da un lato, il datore di lavoro riduce il rischio di contenziosi legali legati al licenziamento; dall’altro, il dipendente vede compromessi i suoi diritti. Nonostante la gravità di questa pratica, nel corso degli anni il legislatore ha adottato misure per tutelare i lavoratori.
Negli ultimi anni, diverse leggi hanno cercato di arginare il fenomeno delle dimissioni in bianco. Uno degli interventi più importanti è stato quello introdotto dalla Riforma Fornero (Legge n. 92 del 2012), che ha previsto un meccanismo di convalida per le dimissioni. Questo significa che per essere valide, le dimissioni devono essere confermate presso la Direzione Territoriale del Lavoro o il Centro per l’Impiego. In alternativa, il lavoratore può apporre una dichiarazione alla ricevuta di cessazione del rapporto di lavoro.
Un ulteriore passo avanti è stato fatto con il Decreto Legislativo n. 151 del 2015, che ha imposto l’obbligo di comunicare le dimissioni solo attraverso modalità telematiche. Questo sistema garantisce l’autenticità e la certezza della data di dimissione, impedendo che documenti firmati in bianco possano essere usati a scopo abusivo.
A rafforzare questo meccanismo, il Decreto Ministeriale del 15 dicembre 2015 ha stabilito gli standard tecnici per la trasmissione telematica, chiudendo le porte a possibili manomissioni o utilizzi illeciti dei documenti firmati in bianco.
Oltre a queste misure di tutela, la legge prevede sanzioni severe per i datori di lavoro che cercano di aggirare le normative. Chi abusa delle dimissioni in bianco può essere multato con cifre che vanno dai 5.000 ai 30.000 euro. Le Direzioni Territoriali del Lavoro hanno il compito di verificare tali violazioni e applicare le sanzioni, scoraggiando così l’uso di questa pratica.
Attualmente, le dimissioni in bianco non hanno alcun valore legale se non accompagnate dalla corretta comunicazione telematica all’Inps. Anche se un datore di lavoro costringesse un dipendente a firmare un foglio in bianco, questo non potrebbe essere utilizzato per interrompere legalmente il rapporto di lavoro. Inoltre, qualsiasi minaccia o pressione per ottenere le dimissioni di un dipendente potrebbe essere considerata estorsione e soggetta a denuncia penale.
Infine, è importante sottolineare che le notizie che circolano riguardo una presunta reintroduzione delle dimissioni in bianco da parte del governo sono false. La normativa vigente non è stata modificata e resta l’obbligo di inviare le dimissioni tramite canali telematici, rendendo impossibile l’uso di dimissioni firmate in bianco.
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