Lunedì 22 luglio, la Cassazione ha annullato ergastolo per il femminicidio di Lorena Quaranta, ma cosa ne pensa il papà della giovane?
In un contesto globale ancora profondamente segnato dalle conseguenze della pandemia di Covid-19, una decisione giuridica ha suscitato ampio dibattito e riflessione. La Corte di Cassazione ha recentemente annullato la condanna all’ergastolo inflitta ad Antonio De Pace, infermiere calabrese responsabile dell’uccisione della giovane fidanzata Lorena Quaranta, studentessa di Medicina originaria di Favara, in provincia di Agrigento. Il tragico evento si è consumato il 31 marzo 2020 a Furci Siculo, in una villetta dove la coppia risiedeva.
La decisione dei giudici della Corte d’Assise di Reggio Calabria è stata messa in discussione dalla Suprema Corte per non aver valutato adeguatamente l’impatto che lo stress e l’angoscia generati dall’emergenza sanitaria hanno avuto sull’imputato. Secondo quanto riportato nelle motivazioni pubblicate dalla Gazzetta del Sud, i giudici sostengono che avrebbe dovuto essere esaminata più approfonditamente la questione se “la specificità del contesto”, ovvero l’emergenza pandemica e le sue ripercussioni sulla vita quotidiana delle persone, potesse avere influenzato lo stato psicologico dell’infermiere al punto da considerare tali fattori incidenti sulla misura della sua responsabilità penale.
Omicidio Lorena Quaranta: un appello-bis focalizzato sulle attenuanti generiche
La sentenza emessa dalla Corte di Cassazione non nega la gravità del crimine commesso da De Pace né intende assolverlo dalle sue responsabilità. Tuttavia, apre la strada a un nuovo processo d’appello che dovrà valutare se le circostanze eccezionali legate alla pandemia possano essere considerate come attenuanti generiche nella determinazione della pena. Questa direzione presa dai giudici solleva interrogativi su come fattori esterni e imprevedibili possano influenzare il comportamento umano fino a portare a gesti estremi e irreparabili.
L’annullamento con rinvio della condanna all’ergastolo ha suscitato reazioni contrastanti nell’opinione pubblica e tra gli addetti ai lavori. Da un lato, vi è chi sostiene la necessità di comprendere appieno tutte le dinamiche psicologiche che possono aver giocato un ruolo nel determinare il comportamento dell’imputato; dall’altro lato, emerge forte la voce di chi teme che tale decisione possa inviare un messaggio ambiguo riguardo alla gravità dei crimini contro le donne e alla necessità impellente di contrastarli con fermezza.
Il padre di Lorena, Vincenzo Quaranta ovviamente è assolutamente scioccato dalla sentenza e in un intervista rilasciata al Messaggero ha detto la sua sulla decisione della Cassazione. «Il Covid non c’entra nulla, era appena cominciato” ha detto il genitore della povera laureanda in medicina. Secondo Vincenzo Quaranta, De Pace aveva un complesso di inferiorità nei confronti di sua figlia, visto che lei si era quasi laureata mentre lui, specializzando in Scienze infermieristiche, era un po in difficoltà rispetto a Lorena.
La sorella di Lorena in alcuni messaggi che la vittima aveva inviato ad Antonio aveva notato che tra i due qualcosa che non andava c’era. Ad ottobre del 2019 ad esempio, Lorena aveva scritto ad Antonio: “Stai manifestando il carattere che mi fa pena…io me ne frego se sei infermiere o medico. Preferisco dire con dignità che sono la fidanzata di un infermiere che si comporta da uomo e non di un medico cafone. Io me ne frego se sei infermiere o medico. Mi riempi tanto la testa con il fatto che vuoi essere alla mia altezza e poi ti comporti come un paesano ignorante che dà colpi sul vetro”