La ricetta originali dei grandi osti di Roma: cos’è, come si cucina e come sopravvive un piatto antico come il picchiapò della Capitale.
Dietro ogni piatto della tradizione romana si nasconde una storia, un aneddoto o una leggenda che ne arricchisce il sapore e il significato. Tra questi, spicca il Picchiapò, un piatto che incarna la genialità del riciclo culinario e che oggi viene riscoperto e valorizzato da Claudio e Fabrizio Gargioli di Armando al Pantheon.
Questo articolo esplora le radici storiche e la preparazione autentica dell’allesso alla picchiapò, testimoniando come la cucina possa essere custode di cultura e tradizione.
La ricerca delle origini del Picchiapò ci porta in un viaggio attraverso miti e ipotesi diverse. Alcuni lo collegano a una famiglia nobiliare rinascimentale, i Picchiapò, noti per servire questo particolare tipo di carne ai loro banchetti. Tuttavia, l’ipotesi più affascinante è quella onomatopeica: il termine “picchiare” suggerisce l’azione di sfilacciare energicamente la carne per prepararla alla cottura successiva. Curiosamente, il nome Picchiapò appare anche nella letteratura popolare romanesca come sinonimo di personaggi buffi o stravaganti, forse in analogia con l’aspetto “sfatto” del piatto.
Il segreto della ricetta dell’allesso alla picchiapò risiede nella sua semplicità ed autenticità. La trattoria Armando al Pantheon ha mantenuto vivo questo patrimonio culinario grazie all’impegno dei fratelli Gargioli. Il processo inizia con la lessatura del manzo in acqua salata aromatizzata con odori vari; una volta cotto, il brodo può essere utilizzato per altre preparazioni mentre la carne viene tagliata a fettine non troppo sottili per preservarne la consistenza.
Il cuore della ricetta sta nel soffritto: abbondanti cipolle vengono lentamente appassite in padella prima di aggiungere le fettine di carne lessa. A questo punto interviene la passata di pomodoro che conferisce al piatto quel caratteristico colore rosso acceso e quel gusto intenso tanto amato dai romani. Dopo circa dieci minuti di cottura a fuoco medio-basso, quando il sugo si è adeguatamente ridotto, si completa il tutto con prezzemolo fresco tritato e un generoso giro d’olio extravergine d’oliva.
Interessante notare come esista anche una versione “in bianco” del picchiapò dove al posto della passata di pomodoro si utilizza soltanto una sfumatura di vino bianco. Questa variante meno nota ma altrettanto gustosa dimostra come le ricette tradizionali possano evolversi nel tempo accogliendo nuove interpretazioni senza perdere i legami con le loro radici storiche.
Attraverso le parole dei fratelli Gargioli emerge non solo la ricetta dell’allesso alla picchiapò ma anche l’amore per una cucina che sa raccontare storie antiche rimanendo sempre attuale nei gusti dei suoi estimatori moderni.
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