Si chiedono in tanti se il caldo possa essere un motivo valido per rifiutarsi di lavorare. In determinate condizioni è possibile.
Durante l’estate, quando le temperature si fanno torride, andare al lavoro per alcuni diventa quasi una tortura. Infatti, se c’è chi ha la fortuna di avere un ufficio dotato di climatizzatore nuovo di zecca, ci sono anche lavoratori costretti a stare all’aperto in pieno sole. Per non parlare di chi lavora al chiuso ma in un locale dove non v’è il condizionatore né è possibile inserirlo.
La possibilità di non presentarsi al lavoro non dipende in generale dalla temperatura esterna ma di quella presente nella propria postazione o reparto. Purtroppo non esiste una temperatura massima di riferimento in Europa, ma il caldo è riconosciuto come una fonte di rischi in ambiente di lavoro. Per questo si richiede alle aziende di effettuare la valutazione del rischio termico.
Compito di chi gestisce la sicurezza dei luoghi di lavoro è infatti cercare di prevenire le ripercussioni che questo può avere sulla salute degli impiegati. Si può trattare dell’introduzione di sistemi per contenere l’aumento delle temperature o di formare i lavoratori. L’importante è che tutto venga riportato nel DVR, oltre a tenere un registro degli infortuni dovuti all’eccessivo calore.
Per rendere tollerabile il calore o l’esposizione al sole il datore di lavoro deve garantire la possibilità di idratarsi come si deve e prevedere l’uso di DPI. Tra questi copricapi o abiti leggeri e lunghi per coprire la pelle se si ci trova all’aperto. Se la temperatura risultasse ancora soffocante ed eccessiva però il lavoratore ha diritto a interrompere l’attività che sta svolgendo.
Per esempio nei cantieri in estate non si lavora mai durante le ore più calde, così come per chi effettua la manutenzione delle strade. Inoltre, qualora nei locali dell’azienda le temperature rimangano alte per diverso tempo senza azioni correttive il lavoratore ha pieno diritto di dare le dimissioni. Si tratta infatti di un inadempimento da parte del datore di lavoro, non suo.
La Corte di Cassazione ha inoltre stabilito nella sentenza 6631 del 2015 che durante l’assenza il dipendente ha comunque diritto a ricevere lo stipendio. Il caso su cui si era pronunciata riguardava in realtà una situazione opposta perché si trattava di un dipendente esposto a temperature molto basse. Il principio tuttavia è analogo in caso di caldo estremo.
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