Una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha annunciato la possibilità di sospendere le attività dell’ex Ilva.
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha emesso una sentenza che potrebbe avere ripercussioni significative sull’acciaieria Ilva di Taranto. Secondo la Corte, “in caso di pericoli gravi e rilevanti per l’integrità dell’ambiente e della salute umana”, le attività dell’impianto non possono continuare a beneficiare di proroghe ripetute sulle misure di protezione ambientale richieste. Questo pronunciamento arriva dopo anni in cui l’impatto negativo dell’acciaieria sulla zona circostante è stato oggetto di preoccupazione crescente.
Già nel 2019, la Corte europea dei diritti dell’uomo aveva riconosciuto gli effetti dannosi significativi provocati dall’acciaieria sulla salute degli abitanti locali e sull’ambiente. Nonostante fossero state previste varie misure per ridurre tale impatto sin dal 2012, i termini stabiliti per la loro implementazione sono stati più volte posticipati. Di fronte a questa situazione, numerosi abitanti hanno portato il caso dinanzi al Tribunale di Milano, sollevando dubbi sulla compatibilità delle normative italiane con le direttive europee in materia ambientale.
Direttive europee e normativa italiana
Il cuore della questione giudiziaria riguardava il contrasto tra le normative italiane applicate all’Ilva e la Direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo relativa alle emissioni industriali. Mentre il governo italiano sosteneva che la direttiva non contemplasse esplicitamente una valutazione del danno sanitario causato dalle emissioni industriali, la Corte ha chiarito che il concetto di “inquinamento” comprende sia i danni all’ambiente sia quelli alla salute umana.
Secondo quanto emerso dalla sentenza, il gestore dell’acciaieria avrebbe dovuto valutare gli impatti delle sue attività non solo al momento della richiesta iniziale di autorizzazione ma durante tutto il periodo operativo dell’impianto. Inoltre, è stato evidenziato come le normative specialmente concepite per l’Ilva abbiano permesso un riesame delle autorizzazioni ambientali senza considerare adeguatamente alcune sostanze inquinanti o i loro potenziali effetti nocivi sulla popolazione.
La Corte ha altresì sottolineato che nel processo di riesame delle condizioni operative non si può limitare l’attenzione solo alle sostanze inquinanti teoricamente previste ma bisogna considerare anche quelle effettivamente emesse durante l’esercizio industriale. Ciò contraddice le posizioni precedentemente assunte dall’Ilva e dal governo italiano, aprendo a nuove interpretazioni sulle responsabilità legate alla gestione ambientale degli impianti industriali.
Questa sentenza segna un punto cruciale nella lunga battaglia legale riguardante l’impatto ambientale e sanitario dell’acciaieria Ilva su Taranto e i suoi abitanti. Impone un rigoroso esame delle pratiche operative correnti e pone nuovi standard legali nella tutela della salute pubblica e dell’integrità ambientale nelle aree industrializzate.